Alba Gonzales nasce a Roma ma sin dall’adolescenza sente una attrazione per le arti in genere e dopo un periodo dedicato alla danza classica, ancora giovanissima, sente forte il richiamo della scultura e con essa di Pietrasanta e Carrara e tutto ciò che il marmo offre da quelle meravigliose cave .
E’ qui che si forma e dopo le prime sperimentazioni dedicate all’arte antropomorfica, fra i “colossi” della scultura italiana e non solo, pone il suo studio alternando la sua presenza fra Roma , Pietrasanta, Querceta, dove si respira un’aria completamente innovativa per quanto concerne la scultura .
Sin dagli anni 78, la Gonzales subisce il fascino della materia ( pietra, marmo, tufo, bronzo) indirizzando il suo interesse verso forme di stilizzazione del corpo, per coglierne soprattutto la valenza simbolica,la struttura ritmica, ed in un secolo, il novecento, quanto mai controverso nell’arte come nella storia, riesce a curare con una originalità e freschezza le sue opere,tali da portarla pian piano a concepire con le sue sculture, una cristallina lezione d’arte e di vita, un esempio di grande impegno , sacrificio, coerenza verso una concezione dell’arte volta a restituire il modello secondo le naturali armonie, interprete pura e indeformabile di un proprio intimo , inalienabile stile, che la impone fra gli scultori al top, non solo fra i “mostri sacri” formatisi a Pietrasanta e Carrara , ma oggi quale scultrice indiscussa fra coloro che mossero positivamente l’arte a Roma . Gradatamente dalla sua cultura di autodidatta, la Gonzales raggiunge in fretta un proprio linguaggio ed una propria potenza..
Ma la Gonzales sembra avere conservato nel suo cuore il sogno di una perfezione classica .Nel suo primo periodo figurativo , erano senz’altro riconoscibili le influenze di Martini , ma poi nel corso degli anni ottanta ad oggi, sono evidenti la sua piena autonomia e personalità. Nascono così alcune delle sue sculture più note quali “Uni c Tinia” “ I protagonisti”, le “Chimere “ , le sue “Centaure” fra cui “Chira,Centaura di Enea“ del 2003 e la maestosa “Centaura di Ares” del 2010.
Scrive il filosofo tedesco Jasper ”Mi sembra che la parte prima dell’esistenza si apra per un istante e i recessi più profondi della vita vengano alla luce”, per gli uomini in genere questa esperienza è sconvolgente. Non possiamo sopportarla a lungo e cerchiamo di sfuggirla. Di fronte alle opere di Alba Gonzales , donna sotto tutti i punti di vista , le nostre emozioni non ci portano ad accogliere soltanto ciò che di estraneo a noi ci viene trasmesso dall’artista , ma ci portano anche a trasformarle in una figurazione a nostra misura. Non solo alla storia dell’arte dobbiamo guardare per analizzare le sue opere .D’altro canto in ciò che la scultrice romana fa, in alcune opere, non c’è nulla di “terribile”, se non la voglia di chiederci come una creatura , delicata e bella come ella è,possa dare corpo ad opere di contenuto virile,che spesso non si sa dove il suo agire ci porterà. Ciò che può apparire “sconvolgente” non è mai intenzionale da parte dell’artista :per chi guarda forse ciò che spaventa ed incanta al tempo stesso nelle sue opere , è quella evocazione dal suo io profondo portato alla superficie ed interpretato però con intelligenza e creatività, generate da una lucida ragione . Però tutto resta nel reale che ci circonda. Ma è al di fuori di esso , attraverso le sue opere , in particolare quelle legate alla mitologia ed alla storia, che la Gonzales rinnova i miti e i riti in arte , in un’epoca, la nostra, che nonostante le conquiste della medicina e delle imprese spaziali da parte dell’uomo, sono ormai relegati nella notte della leggenda.
La Gonzales interpreta l’arte come pratica estrema ed estatica? Oppure la tecnica ed il talento sono i mezzi per esprimere la sua passione per l’esistenza umana? Perché si avverte tanto “eros” nelle sue opere ?
La Gonzales usa la sua creatività come un richiamo su ciò che l’uomo e la donna dovrebbero seguire. Non c’è affatto da meravigliarsi se nascono le sue recenti opere quali “New:la morte è servita”, una specie di un’ultima cena , dal sapore macabro, dove i commensali, in numero di dodici come gli apostoli, non sono attratti dal pane e dal vino dell’ olocausto e dove Gesù impersona la morte e non la vita annunciata con la Resurrezione .
Commensali incantati da ciò che la televisione propone ed impone, quasi ipnotizzati da tutto quello che la decadenza culturale procura.
Ironia quella della Gonzales o una condanna ferma e irreversibile?
Scene di sesso (vedi” Omaggio ad Antinoo” e” La grande sorella”,evidente l’allusione al grande fratello), nobilitate da una capacità surrealistica unica e altrettanto magnifica, di questa artista , veramente eccelsa, che sa rendere bello il peggio dell’ uomo e della donna, con una delicatezza che copre il peccato originale del serpente di fronte alla mela. Il tutto reso con una fantasia tale da cancellare ciò che di grave si trova dietro l’opera, resa divertente ed apprezzabile grazie ai bronzi colorati, di un falso paradiso terrestre.
La donna trasformatasi spesso in mercificazione per inseguire il successo, del tutto e subito ,è presentata dall’artista con tutta quella grazia scultorea di cui è capace, ma che non fugge alla condanna
Non ci meravigliano dunque le sue ultime due opere “Burlesque” e ” La Mela Violata”che si contrappongono e al tempo stesso si completano nel rappresentare la condizione odierna della donna. Due titoli di bronzi, due i soggetti, da una parte c’è lei ,“Burlesque”, seducente, ammiccante che specula sulla fragilità virile, sfruttando la bellezza del suo corpo, il suo appeal, per incantare e ridurre in suo potere l’uomo-cacciatore”, sino a ridurlo ad una preda. Dall’altro la dolorosa “Mela violata” squarciata dall’uomo , indifferente ad ogni fremito spirituale. Un messaggio forte quello della scultrice che accenna all’olocausto delle donne violentate, il cui elenco, tragicamente in progressione, racconta la storia infinita di sopraffazione e di morte .
La Gonzales si chiede, ogni qualvolta i media riportano l’ennesimo episodio di violenza sulle donne definendolo” Femminicidio”, termine a parer suo volgare e offensivo, se ci sarà mai fine a questo obbrobrio, in una società la nostra, dove la morte violenta di una donna assume un aspetto di spettacolarizzazione, e dove la notizia trasmessa dai media, serve solo a incentivare la morbosità di molti, di troppi.
Nell’opera della Gonzales la mano misericordiosa di un angelo trascendentale le eleva al disopra dei luoghi degradati in cui sono molte volte abbandonate queste creature di tutte le età, violentate e torturate alle quali gli uomini non riescono quasi mai a rendere giustizia e le trasporta in un luogo di luce, lontano dall’inferno in cui si sono trovate a vivere sulla terra.
E’ la risposta alla domanda che la scultrice stessa si pone e ci pone a mo’ di messaggio, quasi a colpevolizzare se stessa, per l’indifferenza di un’umanità chiusa nel proprio spazio interiore, senza occhi né cuore. Per alimentare una positiva speranza si deve ritrovare quell’Umanesimo che proviene dalla cultura e dall’Arte che ci ha sempre contraddistinto e che continua a guidare anche oggi la mano, la mente e lo spirito di Alba Gonzales.
G.Madioni, Siena – Dicembre 2012